PROGRAMMA

Philip Glass
One plus One per ensemble
Wichita Vortex Sutra per ensemble
Arabesque in memoriam per flauto solo
Music in fifths per ensemble
Metamorphosis per ensemble
Modern Love Waltz per ensemble

SENTIERI SELVAGGI
Paola Fre, flauto
Mirco Ghirardini, clarinetto
Luca Gusella, vibrafono
Andrea Rebaudengo, pianoforte
Piercarlo Sacco, violino
Aya Shimura, violoncello
Carlo Boccadoro, direzione

Il programma del concerto di questa sera racconta alcuni dei sentieri percorsi da Glass nel corso della sua lunga e articolata attività compositiva, a partire proprio da One plus One, che rappresenta meglio di qualsiasi altro brano del suo catalogo l’intuizione di una nuova interpretazione del ritmo che è stata alla base della sua ricerca. In questa partitura ogni parametro musicale viene ridotto a pura pulsazione ritmica, con quella radicale riduzione dei vocaboli del linguaggio musicale che fecero accomunare le prime esperienze di Glass a quelle di artisti come Sol LeWitt favorendo l’uso del termine, poi abusato e malinterpretato, di “minimalismo”. Ad un periodo più maturo appartiene invece Arabesque in memoriam, dove appare evidente uno dei colori espressivi più presenti nelle melodie iterative di Glass, ossia una certa tinta “metropolitana” caratterizzata da uno strano impasto di solitudine e malinconia.

Glass è sempre stato un artista capace di instaurare un continuo e produttivo dialogo con forme espressive e canoni stilistici apparentemente lontanissimi, come testimonia l’incontro con una grande figura della cultura beat, il poeta Allen Ginsberg. Alla fine degli anni ’80 Glass e Ginsberg decidono di collaborare a partire dal testo del poeta Wichita Vortex Sutra, un’accorata denuncia della brutale idiozia della guerra che termina in una solitaria dichiarazione di pace da parte di un cittadino americano, indipendentemente dalle risoluzioni e dalle decisioni ufficiali di governi e parlamenti. Glass scrive così una partitura dove la musica è in deliberato rapporto con il ritmo della poesia di Ginsberg, e ne supporta l’animata sincerità.

Music in fifths ci riporta invece alle origini dell’esperienza compositiva e performativa di Glass: è infatti una delle partiture che Glass ha realizzato alla fine degli anni ’60 per i primi concerti del suo ensemble, che erano tenuti prevalentemente in gallerie d’arte. Una rigorosa struttura sovrintende a un progressivo processo di accumulazione di ripetizioni di brevi incisi, producendo una superficie sonora che sembra quasi condurre a un’ipnosi percettiva come in alcune opere di optical art. Glass si prende poi una gustosa rivincita sull’ambiente accademico che lo giudicava come una sorta di rozzo primitivo: il movimento delle parti si basa interamente su movimenti paralleli su intervalli di quinta giusta, realizzando così il più grave degli errori dell’armonia tonale tradizionale.

Se l’ironia presente in Music in fifths è puramente concettuale, infatti non traspare in alcun modo nella musica, Modern Love Waltz è una dei pochissimi lavori in cui Glass sembra voler giocare e anche un po’ prendere in giro il suo stesso sistema compositivo. Il programma si conclude con uno dei monumenti del catalogo pianistico di Glass, ossia Metamorphosis, un ciclo di cinque composizioni che realizzano una sorta di diario di bordo di una collaborazione del musicista americano ad una messa in scena teatrale dell’omonimo racconto di Kafka. Una sottile e persistente distorsione nella percezione di eventi molto semplici è il tratto che sembra accomunare il mondo poetico di Kafka e Glass, e non è un caso che Glass abbia poi realizzato un’opera lirica su un altro racconto kafkiano, ossia Nella colonia penale. Metamorphosis viene oggi presentato nella versione strumentale realizzata da Filippo Del Corno e approvata dallo stesso Glass.

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